ARTISTI IN CASA
Vittorio Carreri
pp. 128 - euro 13,00 cm 15.5x21 - illustrato a colori 978-88-7495-602-9
In ogni famiglia che si tramandi nel tempo esiste un sottile filo rosso, che riesce a sconfiggere la fragilità del tempo e arriva lontano negli anni. Nel caso di Vittorio Carreri il percorso comune si traduce nell'amore per l'arte figurativa. Una storia di famiglia che inizia dal nonno materno, il primo a prendere in mano la tavolozza, e si dipana fino al cugino Arnaldo Dall'Oca, pittore di fama nazionale. In mezzo, tanta passione per l'arte, amore per la bellezza e la tendenza a circondarsi di amici artisti, e delle loro opere. Il lungo e articolato racconto di Carreri, dedicato alla sua Mantova capitale della cultura 2016, offre anche una panoramica della casa milanese, attraverso le immagini delle opere e le biografie dei tanti autori - pittori, scultori e scrittori - che ne decorano le pareti e gli ambienti.
La recensione di Gaetano Maria Fara, professore emerito all'Università Sapienza di Roma:
A differenza dei precedenti, questo libro non ha UN tema. Sì, ufficialmente è dedicato ad ARTISTI IN CASA, ma c’è molto altro attorno a questi artisti; è un viaggio nella memoria, in tutta quella incredibile riserva di memoria che ha accumulato Vittorio Carreri nel corso deGli 80 anni di una vita attivissima, piena di sport, di studio, di lavoro, di politica, di cultura e di affetti. Ma c’è anche una riflessione spietata su ciò che non funziona nell’educazione dei giovani e nella Sanità della nostra Italia di oggi, e qualche idea – forse utopica – di futuro. E’ probabile che questo doppio contenuto sia stato ispirato dalla lettura di un’intervista rilasciata a Repubblica da Orhan Pamuk, citata alla fine del volume: il Nobel turco, discutendo dei rapporti tra utopia e memoria, dà il primato alla memoria, perché è più ricca di gradazioni rispetto all’utopia, e spiega: “Noi dobbiamo ricordare ogni dettaglio del nostro passato, ogni problema ed ogni momento felice. Più forte è la memoria, più forte è la nostra intelligenza. Cancellare la memoria a favore dell’utopia ci rende stupidi. Però non possiamo vivere senza immaginare il futuro”. Ecco allora che Vittorio va a zonzo, narrativamente parlando, nella sua grande casa milanese articolata su più livelli, e confessa l’infinita malinconia di vivervi in solitudine da ormai 24 anni. Appena inizia la descrizione della casa è la figura della moglie Licia che prende il proscenio, colei che l’ha arredata, le ha dato un’impronta incancellabile, l’ha intensamente vissuta con lui, fino a lasciarlo per sempre nel 1992. E accanto a Licia spuntano dettagli ed episodi della sua vita giovanile, sportiva, politica, professionale, sentimentale, familiare, delle sue pubblicazioni e dei suoi pubblici successi. Accenni fugaci ma assolutamente informativi, che svaniscono così come si sono insinuati, e la narrazione sulla casa riprende. Nella casa, una settantina di quadri tuttora ordinati e disposti così come li aveva sistemati Licia. Ed ora che Licia non c’è più, ecco che Vittorio non li tocca, non li sposta, ma ne compila le schede, documentandosi su ciascuno di loro nei libri d’arte che possiede o che acquista. Da tutta la casa si affacciano i 6500 volumi della biblioteca, verso i quali Vittorio dimostra invece un rapporto più alla pari che con i quadri, dato che non è mai stato pittore, ma autore sì, e prolifico. Ci sarebbe tanto da citare del libro, ma voglio arrivare all’epilogo, a quella EPICRISI che risponde alla seconda esigenza illustrata dal Nobel Pamuk: “Non possiamo vivere senza immaginare il futuro”. Benchè pensionato da anni, Carreri tale non si considera ancora, ed è pervaso dal fuoco della partecipazione alla politica sanitaria ed alla politica tout court. Ad immaginare questo futuro Vittorio Carreri giunge dopo una lunga riflessione che parte dalla medicina ippocratica e dai fasti della scuola salernitana, che lo hanno ispirato nel privilegiare da giovane la “medicina del sano”, cioè la prevenzione, dopo aver praticato nei primi anni anche la cura del malato. Rievoca la nascita anche nel nostro Paese del Servizio sanitario nazionale e gli uomini che vi han contribuito. Ne racconta l’attuale crisi e l’inadeguatezza degli sforzi per porvi rimedio, perché mossi in realtà da una volontà di controriforma, di ritorno alla sola medicina di cura, possibilmente privata e affaristica. Vede inadeguatezze anche nella incombente legge di riforma costituzionale, che potrebbe creare più problemi di quelli che intende risolvere. E’ feroce circa le nuove leggi sanitarie di Toscana e Lombardia, regione questa dove per tanti anni si è battuto da protagonista. Ritiene inadeguata la formazione universitaria delle nuove leve di medici. Ma, allargando l’orizzonte, Carreri posa la sua attenzione sui giovani che potrebbero interpretare il futuro e invece stanno attraversando un momento terribile: con la scuola secondaria che non offre una formazione adeguata alle esigenze del mondo del lavoro; con il mondo del lavoro che offre solo posizioni precarie; così che la fuga all’estero, che premia però solo i più preparati, diventa l’unica, devastante soluzione. Ma ancor più critico Vittorio è verso la scuola primaria, che non offre a tutti le basi di una cultura moderna, dove manca anche una semplice alfabetizzazione civile, artistica, musicale e letteraria che dovrebbe essere patrimonio di ogni cittadino; e verso una società che da un lato si va estinguendo con la denatalità, ma che non ha il coraggio di integrare come italiani i tanti figli dell’immigrazione. Una prognosi disperata? Non è nello stile di Vittorio Carreri, che nelle ultime pagine riafferma la sua fiducia in una ripresa della responsabilità collettiva, che potrà far riafferrare a questo Paese le fila di un rilancio verso il futuro. Cita persone che rappresentano un baluardo verso lo scoramento, e punta sui giovani; ma – benchè nato comunista, nel panorama generale una figura lo affascina, una figura che oggi affascina tutti, credenti e non credenti, per la sua originalità e spontaneità: Papa Francesco.
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